venerdì 7 ottobre 2011

Pamplona: la corsa dei tori

Alle 7.30 di mattina a Pamplona c’è uno strano fermento. Trenta minuti alla partenza della leggendaria corsa dei tori, una prova di coraggio per i giovani locali e per i turisti di ogni parte del mondo alla ricerca di adrenalina. Ma facciamo un passo indietro.
Luglio, festa di San Fermin, dal 6 al 14. Dal sito ufficiale: “per definizione, San Fermin è sinonimo di festa per le strade. E’ una mescolanza di carnevale, baccanale e divertimento favorita, perché no, dalla generosa assunzione di bevande alcoliche”.
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La prima cosa che capisco è che non si potrà rimanere sobri. La seconda, che non posso restare vestito come sono. Tutti indossano il costume tradizionale della festa. Pantaloni bianchi, maglietta bianca, fazzoletto rosso al collo e fascia rossa in vita. Fortunatamente la città è piena di negozi improvvisati pronti a vendere i pezzi di abbigliamento mancanti. Scelgo il kit completo più semplice che c’è: me la cavo con dieci euro totali, concedendomi tralaltro il vezzo di una fascia con stemma della città ricamato.

E mi confondo tra la folla. La giornata scorre tra un bicchiere e l’altro, concerti, parate, artisti di strada. La cittadina è ordinata, cordiale, simpatica, permeata di cultura basca, simile ma distante dalla Spagna che tutti conosciamo. La grande attesa è per l’encierro, la corsa dei tori, la prova di coraggio mista a folklore che si tiene ogni giorno alle otto di mattina.
In realtà, si tratta soltanto del trasferimento dei tori dal recinto in cui si trovano all’arena, dove alle cinque del pomeriggio combatteranno (se si può definire combattimento un animale mandato al macello) con i toreador.

Sei tori, più tre buoi. E altri tre buoi liberati due minuti più tardi. La tradizione è correre davanti agli animali che attraversano le vie della città. Veloce ricognizione del percorso che affronterò la mattina seguente. Abbastanza tecnico, pavimentazione irregolare, transennato per tutta la sua lunghezza con la possibilità di saltarne fuori con facilità. Certo, per gli uomini, non per i tori. Tranne un lungo rettilineo in una stretta strada principale, muro di qua e muro di là, porte dei negozi difese con tavole di legno, nessun luogo dove ripararsi. Credo che la difficoltà maggiore sarà la mischia alla partenza, e la prima curva, stretta, nella piazza del comune. Dicono anche che negli ultimi anni la pavimentazione è stata resa meno scivolosa, credo che comunque dovrò montare delle gomme con un buon rapporto aderenza/velocità. Pardon, scarpe.

Mattina seguente: ore 7.30. C’è grande fermento per le vie di Pamplona. Folla di curiosi assiepati ai due lati del percorso. Mi infilo tra le transenne e via, verso la partenza. Un gruppo fin troppo eterogeneo di aspiranti temerari: ci sono ragazzi ubriachi, appena usciti dalla discoteca, sportivi che scaldano i muscoli, vecchietti rilassati con un lungo curriculum di corse dei tori. Tutti in divisa bianca, fazzoletto rosso al collo e fascia rossa in vita. Giornali arrotolati in mano, per distrarre o indispettire gli animali, non è chiaro. Linea di partenza: mi concedo qualche metro di vantaggio, testa del gruppo, per quanto immagino di essere leggermente più lento di un toro nero di seicento chili. Pronti a scattare: era dalla corsa campestre delle scuole superiori che non sentivo questa ansia da pre competizione.

Ore 8. Tutti i corridori chiedono la protezione di San Fermin, prima in basco e poi in spagnolo. Silenzio. Uno sparo, l’inizio ufficiale. Tutti scattano in avanti, ma non corrono seriamente, solo pochi passi a ritmo blando, si guardano attorno, scrutano in fondo alla via segni di movimento. Un rumore assordante di zoccoli comincia a crescere nell’ansia generale, gli occhi degli spettatori arrampicati sulla staccionata si illuminano. E’ ora di correre, seriamente, adrenalina a mille. Chi me l’ha fatto fare. Alla prima curva, quella insidiosa, sento una presenza inquietante alle mie spalle; un toro enorme mi passa accanto, sento sbuffi di fiato e grida, persone appese alle transenne di legno, folli che tentano di schivare all’ultimo momento il tornado che sta per abbattersi su di loro. Vedo un ragazzo volare. Giuro. Ha la maglietta aperta in due. Sono appiattito da un lato, il toro non mi cerca, corre, dritto e senza pensieri, al centro della strada. Non gliene importa nulla della gente, è solo un enorme inquietante animale che fa la sua sfilata e castiga chi si intromette nel suo cammino.
Si riprende a correre. Sono poco di più di ottocento metri fino all’arena. I tori vengono fermati a metà percorso, la gente passa e poi si riparte. Animali superbi che mostrano forza ed eleganza. E non si può che sentire un tuffo al cuore quando, una volta nell’arena, si realizza che il loro percorso è finito. Ultima corsa sul tappeto rosso della celebrità, e nel pomeriggio la corrida.

Una tradizione che esprime a pieno lo spirito di una festa al confine tra eccesso e splendore.
Tre minuti in equilibrio tra follia e razionalità. 

CALLEJERO TIPS
La corsa dei tori è un'esperienza che comporta un certo pericolo. Il problema maggiore è che molte persone la affrontano in stato di ubriachezza, aumentando il rischio per se stessi e per gli altri. Il consiglio è di trovarsi in buona forma fisica e lucidi. Non esagerare nell'essere temerari; basta appiattirsi da un lato al momento giusto per evitare la maggior parte dei problemi.

SOUNDTRACK: Estopa - Vino tinto (GUARDA VIDEO)

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